I cicli decorativi ad affresco di Agostino Beltrano (2° parte) Stampa
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NapoliNews - Arte
Scritto da Achille Della Ragione   
Martedì 24 Novembre 2009 21:46

I cicli decorativi ad affresco di Agostino Beltrano (2° parte)

Negli ultimi mesi del 1645 Beltrano è impegnato a dipingere ad affresco scene della vita di San Nicola nella cappella eponima, la IV entrando a sinistra, della chiesa della Pietà dei Turchini, come attestano due pagamenti, uno del 15 settembre e l’altro del 22 novembre del 1645. Nel primo vengono corrisposti al pittore 10 ducati”a compimento di D.ti 40, atteso l’altri D.ti 30 l’ha ricevuti in più volte de contanti in conto del prezzo di quadri dieci tra grandi e piccoli che ha da fare…

quali quadri hanno da essere a fresco de tutta bontà et perfectione de che se n’abbia da stare a iuditio del padre Alessandro Falcone della Compagnia di Gesù”; nel secondo si attesta il pagamento di dieci ducati”per conto di D. 100 per il prezzo della pittura che fa nella cappella del glorioso S. Nicola di Bari”. 
Il Galante, trascurando le notizie del De Dominici, il quale riferiva che su di un pilastro della cappella era segnato l’anno 1646, assegnava erroneamente il ciclo al Balducci.
Il Beltrano ottenne la commissione, a parte i suoi meriti, anche perché nella chiesa avevano lavorato alcuni suoi familiari, dal suocero Filippo Vitale, autore del celebre Angelo custode, a sua moglie Diana De Rosa, alla quale la critica ha restituito unanimemente le due tele oggi poste ai lati dell’altar maggiore: Nascita e Morte della Vergine (fig. 16 - 17), le quali, dopo un recente restauro, appaiono nel fulgore dei colori originali; senza trascurare l’autorità del cugino Andrea Vaccaro, che a breve sarebbe entrato tra i governatori del Conservatorio della Pietà dei Turchini.
Gli affreschi originariamente erano dieci e rappresentavano episodi della vita di San Nicola. Sono stati realizzati sfruttando abilmente lo spazio ridotto delle pareti e della volta e, per quanto molto rovinati, mostrano il ricordo di una vivace ricchezza cromatica ed una piena adesione alle soluzioni prescelte da Stanzione nei suoi cicli decorativi eseguiti nel corso degli anni Quaranta.
Le scene visibili oggi raffigurano in alto San Nicola in gloria tra gli angeli, a destra San Nicola dispensa la comunione(fig. 18), a destra in alto Gesù dispensa la comunione al Santo, alla parete di sinistra in basso, Contemplazione dell’urna con i resti del santo(fig. 19 – 20), in alto, San Nicola guarisce uno storpio(fig. 21).
Ogni rappresentazione è definita da cornici di stucco.
La decorazione attuale risulta dimezzata rispetto a quella originaria ed è formata da due tondi, da un ovale centrale nella volta e da due scene della vita di San Nicola sulle pareti laterali.
Dell’immagine sull’altare, che al tempo del Galante ancora esisteva, è rimasta solo la cornice, mentre la posizione degli affreschi laterali, al centro delle pareti, deve essere quella primitiva. L’ovale centrale della volta rappresentante la Gloria di San Nicola,  è completamente illeggibile, solcato da una spaccatura intonacata che taglia in due, per lungo, la figura trionfante, un angioletto sulla sinistra e uno sulla destra conservano ancora qualche rilievo pittorico e sono tutto quel che resta.
Nei due tondi sono rappresentati la Nascita di San Nicola, di cui si conserva la sinopia, e un Miracolo, completamente appiattito nella resa dei rilievi; sulle pareti laterali la Traslazione e prodigiosa manna del corpo di San Nicola, a sinistra e su quella destra, il Santo comunica ai fedeli, del quale abbiamo già accennato e che riveste particolare importanza perché, ad un attento esame ci permette una constatazione, stranamente fino ad ora sfuggita agli studiosi, un ultimo squarcio di luce su questo personaggio che lentamente sta riemergendo dalle tenebre ove per tanti anni è stato dimenticato: nell’episodio del San Nicola che comunica i fedeli evidentissima, sulla destra della composizione, si staglia la figura di un nobile personaggio nella classica posa dell’autoritratto (fig. 18 – 18 bis), il volto del pittore ancora giovane somigliantissimo alla sola sua immagine che conosciamo(Il Giannone nella tavola VI, fig. 24, della sua opera sui pittori napoletani ci fornisce l’unica fisionomia che possediamo dell’artista, senza rivelarci da dove l’abbia presa), che ci guarda beffardo da secoli senza che noi ce ne fossimo accorti.
Un attenta lettura di questo ciclo decorativo ci permette di evidenziare alcune caratteristiche dello stile del Beltrano, come ebbe già a sottolineare la Novelli Radice in un suo articolo, fondamentale per la conoscenza dell’artista.
Come negli affreschi nella chiesa di S. Maria degli angeli a Pizzofalcone anche in questi il pittore aderisce a quella forma di caravaggismo mitigato di estrazione romana che si affermò a Napoli nel quarto decennio, il cosidetto naturalismo a passo ridotto. Se passiamo poi ad esaminare le singole figure possiamo constatare come nell’uomo che regge il miracolato è presente una definizione marcata della clavicola identica a quella dell’apostolo posto alla sinistra di Gesù nell’Ultima cena(fig. 22), firmata e datata 1648 e già nella Cattedrale di Pozzuoli.
Nella Contemplazione dell’urna di San Nicola(fig. 19), il profilo del re genuflesso, porta immediatamente al profilo del santo alle spalle del San Gennaro di Pozzuoli, inoltre si nota una manifesta similitudine con l’Adorazione dei Magi della Gentileschi, per l’atteggiamento della figura del re che, dal lato opposto, è simile a quello del re, spagnolescamente inginocchiato, nella pala di Artemisia (fig. 23), eseguita per la Cattedrale di Pozzuoli.
Nella Comunione dei fedeli(fig. 18), ritroviamo ulteriori similitudini con il Martirio del Duomo di Pozzuoli, infatti la struttura dell’affresco risulta identica con le figure mezzane dei martiri in attesa della decollazione, che qui diventano i fedeli genuflessi in primo piano, mentre la folla, ravvicinata per lo spostamento della rappresentazione verso la superficie, è racchiusa dalle medesime colonne sullo sfondo. Al centro il San Nicola ritratto con icastica aderenza ad un modello reale. E sulla destra, lo ripetiamo l’autoritratto criptato del Beltrano(fig. 18 bis).
La caduta dei rilievi cromatici dà la possibilità di osservare questi lavori nell’essenzialità del disegno e di seguire alcune idee particolari, utili a determinare nuove fonti di apprendimento per l’opera del Beltrano.
Per il generale andamento disegnativo vengono in mente alcune soluzioni già in precedenza adottate da Belisario Corenzio, tanto che si potrebbe formulare l’ipotesi che il Nostro abbia potuto frequentare la bottega del maestro, prima di subire l’influenza dello Stanzione.
Dal riesame della situazione pittorica napoletana al vaglio dei più recenti studi, sappiamo che negli anni in cui il Beltrano si avviava a compiere i primi passi, lo Stanzione non si era ancora affermato nelle felici formule che travolsero l’andamento artistico napoletano, ed anzi era ancora egli stesso alla ricerca dei suoi definitivi connotati di stile, come dimostrano alcuni suoi lavori dei primi anni del Trenta, ancora permeati di naturalismo battistelliano.
Del resto, il numero stesso e l’importanza delle commissioni pubbliche che furono affidate a Corenzio, indica che le sue formule piene di brio, accreditate dalla sua straordinaria capacità compositiva e dalla vivace sensibilità cromatica, benché tenacemente tardo manieristiche, soddisfacevano ancora, a secolo inoltrato, buona parte del gusto corrente e per tanto è lecito figurarsi che egli avesse un foltissimo seguito.
Il suo patrimonio figurativo ben si prestava ad essere rivisitato con lo spirito dei neonaturalisti attivi a partire dagli anni Trenta. Agostino, al di là del suo discepolato, acclarato dai documenti, presso la bottega di Gaspare De Populo, avrebbe potuto seguire questo indirizzo, e questo è quanto lasciano pensare gli affreschi della Pietà dei Turchini, anche nel loro attuale modesto stato di conservazione.
Un altro ciclo di affreschi  viene citato dal De Dominici ” in S. Maria la Nova la volta della cappella del Beato Salvatore d’Orta è assai ben condotta con azioni del Santo assai ben espresse e con bella freschezza di colore, avendo nelle centinature dipinto due miracoli del medesimo e nel mezzo la B. Vergine coronata dalla SS Trinità”, che ritiene realizzata l’opera dopo il 1660. Notizia ripresa dal Galante, che parla di un’Immacolata e dal Rocco, che attribuiscono i lavori ad Aniello Beltrano o Beltrama, pittore mai nominato dalle fonti.
La critica, anche la più avvertita(cfr la scheda sul pittore a pag. 117 del catalogo di Civiltà del Seicento), ha ritenuto perdute queste decorazioni, tratta in errore dalle continue trasformazioni avvenute nel tempio, ma grazie alle puntigliose ricerche della Novelli Radice, rese difficili dalla quasi totale scomparsa dei documenti riguardanti la chiesa, si è potuto appurare che la seconda cappella a destra è proprio quella decorata dal Beltrano, confortati anche da quanto riferito nel coevo manoscritto del De Lellis, nel quale si legge che la seconda cappella era dedicata al Beato Salvatore.
Probabilmente il culto del santo fu trasferito in seguito in una cappella della crociera, da dove poi scomparve completamente durante un rifacimento settecentesco, confermato dalla presenza sulle pareti di dipinti eseguiti da Benedetto Torre: un Sogno di San Giuseppe ed una Sacra Famiglia, firmata e datata 1775. Il cambiamento fu probabilmente legato ad un cambio di proprietà, che portò alla rimozione dei “due miracoli nelle centinature” che non si confacevano alla nuova intitolazione della cappella alla Natività.
La decorazione discretamente conservata raffigura l’Incoronazione della Vergine(fig. 24 – 25) e prende chiaramente ispirazione dalla tela omonima(fig. 26) eseguita da Stanzione nel 1647 per il soffitto della chiesa di Regina Coeli.
Tra la tela di Stanzione, dipinta per una visione frontale e la decorazione del Beltrano vi sono sostanziali differenze, non tanto nell’iconografia, identica, quanto negli atteggiamenti assunti dai personaggi e nella luce, che nel lavoro del divino cavaliere, nel pieno dei suoi mezzi espressivi, proviene da sinistra ed investe frontalmente la Vergine ed il lato destro di Cristo, creando, con un sapiente uso del chiaroscuro, dolce e levigato, una naturale intimità tra il Figlio e la Madre, mentre nella trascrizione ad affresco, la scena, sacra e familiare al tempo stesso, si traduce in una visione barocca, anche se alcuni brani, tra cui la figura del Padre e del Figlio sono ripresi letteralmente, con le fisionomie che richiamano alcuni personaggi ritratti nella Pietà dei Turchini, in particolare il volto del San Nicola. I colori conservano l’abituale consistenza pesante come nei peducci della cappella dell’Immacolata nella chiesa di S. Maria degli angeli a Pizzofalcone.
Per la collocazione cronologica dell’affresco, più che il lavoro dello Stanzione, bisogna considerare la data apposta(1649) sotto due grosse tele, con identica iconografia, conservate nella chiesa di S. Maria del Popolo agli Incurabili. Di queste una(fig. 27 – 28), di maggiori dimensioni(340 – 235), firmata per esteso, dopo essere stata per decenni nella stanza del vice commissario degli Ospedali riuniti, è stata di recente restaurata e restituita all’antico splendore, mentre una seconda(fig. 30), più piccola, anche essa firmata e datata, giace in uno stato di conservazione miserevole.
Prima di accennare alla cupola della chiesa di Donnaregina Nuova bisogna considerare  un ciclo decorativo, certamente autografo, collocato nell’atrio del palazzo Maddaloni a Napoli, del quale la critica non si è ancora interessata, nonostante un cenno della sua esistenza lo si trovi già in una guida al Maggio dei monumenti pubblicata dal quotidiano  Il Mattino nel 1993, nella quale la Maietta, nel descrivere molto brevemente gli affreschi, li collocava nel periodo della maturità dell’artista.
Essi, perfettamente restaurati, rappresentano un’Allegoria della casa Carafa(fig. 31 – 32 – 33) e richiamano a viva voce l’autografia del Beltrano negli angeli, identici a quelli raffigurati in altri quadri del pittore e nelle lunghe trombe, sovrapponibili a quella con la quale viene avvertito dell’imminenza del Giudizio universale il San Girolamo(fig. B1), già nella chiesa di S. Agostino degli Scalzi, documentato al 1649, una data che si può proporre anche per questi affreschi.
Nel 1655 il Beltrano esegue la decorazione ad affresco della cappella di San Biagio nella chiesa di S. Maria della Sanità come documentato da un contratto del notaio Giovanni Pino reso noto dal Prota Giurleo:” Il 1 marzo 1655, Agostino Beltrano, pittore, viene a convenzione col Dr. Francesco Antonio Lantaro e si obbliga fra un anno da oggi, di fare di sua propria mano l’infrascritte pitture a fresco nella cupola esistente nella sua Cappella di S. Biasio, costruita a mano sinistra nell’intrare della Chiesa di S. Maria della Sanità di questa Città. Nella quale cupola promette fare un Paradiso con Santi rappresentante l’esaltazione di Santa Croce, iuxta il disegno seu stizzo firmato di proprie mani di esse parti, et nelli quattro angoli di detta cupola farci le Quattro Virtù Cardinali. Nella finestra istente nella porta piccola di detta Chiesa, contigua a detta Cappella, dall’una e dall’altra di essa fenestra promette farci San Domenico e San Tommaso. Da sotto il cornicione di detta finestra che posa sopra la detta porta nel vano di essa promette farci quattro Dottori di Santa Chiesa ad arbitrio di esso Agostino. Et questo per prezzo di duc. 250”.
La cappella era di patronato della famiglia Lantaro, come attesta un’epigrafe del 1665. Nella seconda metà dell’Ottocento essa fu interamente rinnovata e gli affreschi andarono distrutti e rimane in loco soltanto la grande pala d’altare documentata intorno al 1654, raffigurante San Biagio tra i Santi Antonino e Raimondo, secondo il De Dominici eseguita in collaborazione tra Agostino e la moglie Diana.
L’ultima opera ad affresco del Beltrano è la grande cupola(fig. 034) della chiesa di Donnaregina  Nuova, una commissione di grande impegno, eseguita nel 1655, documentata da due pagamenti pubblicati dal Delfino, riferiti ai mesi di settembre e novembre, nei quali non è indicata la data di completamento dei lavori.
“Agostino Beltrano. Banco di S.ta Maria del popolo pagate per questo nostro Monastero di s.ta Maria Donna Regina ad  Agostino Beltrano D. Cinquanta à compimento di D. cento quanti sono à conto della pittura haverà da fare nella cupola della chiesa del detto nostro Monastero, servata la forma dell’alberano fatta dal detto Agostino, che si conserva per noi, & il cmpimento l’hà ricevuto per detto vostro banco & ponete à conto. Li 13 di 7.bre 1655 D.50. Suor Dianora Caracciolo Abbadessa”. (A. S. N., Monasteri soppressi, 3540,f. 82)
“ Banco del Monte della Pietà pagate per questo Monasterio di S. Maria Donna Regina al Signor Agostino Beltrano D. trenta dite sono à compimento di D. cinquecento, atteso l’altri D. 470 l’ha ricevuti contanti, et per banco, et detti D cinquecento sono à conto di D. Settecento per la pittura che fa, et haverà da fare nella cupola del chiesa del detto nostro Monasterio servata la forma dell’alberano fatto dal detto Agostino che si conserva per noi, et ponete à conto. Napoli li 22 9bre 1655 D.30. Suor Dianora Caracciolo. (A. S. N., Monasteri soppressi, 3540, f.82 v.)
I peducci ricordati dal De Dominici(con gli Evangelisti) sono andati perduti, ma le decorazioni tra i pilastri ci sono giunte insieme a quelle della cupola.
Gli affreschi raffigurano il Paradiso; nei lunettoni laterali sono rappresentati sulla sinistra Cristo e la Maddalena e sulla destra San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista, mentre nella zona inferiore compaiono figure allegoriche.
L’artista si mostra orientato su soluzioni accademiche di derivazione stanzionesca, ma un giudizio più oculato potrà essere espresso soltanto quando un meticoloso studio fotografico ne prenderà in esame i particolari, alcuni dei quali, aiutati da un binocolo, sembrano di buona qualità.
La critica oramai è in grado di riconoscere alcuni suoi caratteri stilistici originali quali i disegni delle figure affusolate ed una cromia chiara con pochi toni di base, molto vicina allo stile tardo dello Stanzione, per cui  possiamo attenderci di identificarlo in altre decorazioni, che attendono ancora il nome dell’esecutore, sia a Napoli che in provincia.
Achille della Ragione

Ultimo aggiornamento Mercoledì 25 Novembre 2009 08:05