Ignazio Fiorentino, pittore dei pescatori Stampa
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Ricerche Storiche D'Ambra - Ricerche Storiche
Scritto da Nino D'Ambra   
Martedì 16 Febbraio 2010 19:47

Ignazio Fiorentino, pittore dei pescatori

Fra gli antichi mestieri dell’Isola d’Ischia quello del pescatore forse è l’unico che non si è ancora staccato dalla scia della tradizione; ecco perché esso si configura come motivo dominante nei quadri di Ignazio Fiorentino, pittore rimasto legato al passato di questa terra vulcanica, la cui evoluzione rivive ogni volta che la trasfigura sulla sua tavolozza.

I dipinti di Fiorentino sono composizioni prese dalla tradizione e ricostruite depurate dalla cultura del cemento, con un coraggioso uso di colori  violenti, sottratti a quella luce mediterranea così intensa  che Edoardo Bargheer diceva essere “opera del diavolo”.
La tradizione familiare è alla base della formazione culturale ed artistica di Fiorentino. Suo nonno materno era Luigi Patalano, giornalista, poeta e letterato; suo padre Oreste Fiorentino, ritoccatore di fama nazionale e  pittore verista, ed infine suo zio materno era lo scomparso pittore Bolivar Patalano.
Fiorentino ha trascorso la sua gioventù dedicandola allo studio e alla contemplazione delle pinete, dei boschi, della marine che si sono impressi nella sua mente incontaminati dalle moderne sovrastrutture che una società dallo sviluppo disordinato impone e, spesso, esalta.
Affascinato dagli enormi massi  –  testimonianza viva e visibile del passato ischitano pieno di sconvolgimenti tellurici – li delinea nel misurato senso della composizione rivelandoli solamente al lettore  che si astrae dal contingente  significato delle figure.
E’ ovvio che il suo sostrato culturale, legato al figurativo e al realistico, lo disorientasse e lo immergesse in crisi profonde allorchè, il quadrante pittorico ischitano fu dominato dall’astrattismo-informale di Edoardo Bargheer, artista di fama internazionale, dotato di forte personalità. Infatti dal 1952 al 1977 Fiorentino non fu più in grado di esprimersi nel  tumultuoso contrasto tra la sua educazione estetica e le nuove forme espressive che si venivano imponendo sostenute da una critica spesso ingenerosa verso quelle tradizionali.
Egli con le sue mani costruì una barca a vela con la quale di sovente si allontanava dalla costa – evasione che pratica tuttora -  per rimanere in contemplazione del mare (dice lui), ma in verità per cercare di superare lo smarrimento che lo aveva attanagliato.
La barca, la spiaggia, il mare, erano le occasioni che lo portavano più vicino a quei pescatori che diventeranno il motivo dominante della sua produzione pittorica e che saranno per lui l’unica àncora di salvezza con il loro modo di essere nel lavoro, ancora simile a quello di centinaia di anni addietro.
La perfetta configurazione delle barche nei suoi quadri ne rivela non solo una profonda conoscenza della struttura, ma soprattutto scopre una “ritorsione realistica”  a quelle forme di pittura contemporanea che tanto lo avevano angosciato e affascinato.
Pescatori, barche, piante, mare, massi vulcanici restano sempre gli “ancoraggi” esterni con cui Fiorentino si è legato alla tradizione per opporre “una barriera all’invadenza”, quasi sempre per lui ossessiva, delle immagini della quasi totalità della pittura contemporanea.
Fiorentino si accinge ad entrare a pieno titolo in quella “forianitudine artistica” che va da Cesare Calise a Gino Coppa, da Alfonso Di Spigna al MAESTRO Giovanni Maltese, che con le sue sculture, i suoi ritratti a carbonella e le sue poesie in vernacolo ne è l’espressione più genuina ed autentica.
Tempo addietro, in un momento di sconforto lirico Fiorentino ebbe a dire:  «vorrei essere seppellito in mezzo ai colori della spiaggia di Forio», che vista dall’alto sembrava (allora) una tela sfiorata dal pennello di un pittore divino.
Nino d’Ambra (1981)
(quotidiano “Il Golfo” dell’11 febbraio 2010, pagg.1 e 3 inserto “Arte e Cultura”)

Ultimo aggiornamento Giovedì 18 Febbraio 2010 12:14